martedì, maggio 27, 2008

LEONIA (1972)

La città di Leonia rifà se stessa tutti i giorni: ogni mattina la popolazione si risveglia tra le lenzuola fresche, si lava con saponette appena sgusciate dall’involucro, indossa vestaglie nuove fiammanti, estrae dal più perfezionato frigorifero barattoli di latta ancora intonsi, ascoltando le ultime filastrocche dall’ultimo modello di apparecchio radiofonico.Sui marciapiedi, avviluppati in tersi sacchi di plastica, i resti della Leonia di ieri aspettano il carro dello spazzaturaio. Non solo tubi di dentifricio schiacciati, lampadine fulminate, giornali, contenitori, materiali di imballaggio, ma anche scaldabagni, enciclopedie, pianoforti, servizi di porcellana: più che dalle cose che vengono fabbricate, vendute, comprate, l’opulenza di Leonia si misura dalle cose che ogni giorno vengono buttate via per far posto alle nuove.
Tanto che ci si chiede se la vera passione di Leonia sia davvero come dicono il godere delle cose nuove e diverse, o non piuttosto l’espellere, l’allontanare da sè, il mondarsi da una ricorrente impurità. Certo è che gli spazzaturai sono accolti come angeli, il loro compito di rimuovere i resti dell’esistenza di ieri è circondato di un rispetto silenzioso, come un rito che ispira devozione, o forse solo perché, una volta buttata via la roba, nessuno vuole più averci da pensare.
Dove portino ogni giorno il loro carico gli spazzaturai nessuno se lo chiede: fuori della città, certo, ma ogni anno la città si espande, e gli immondenzai devono arretrare più lontano; l’imponenza del gettito aumenta e le cataste si innalzano, si stratificano, si dispiegano su un perimetro più vasto. Aggiungi che più l’arte di Leonia eccelle nel fabbricare nuovi materiali, più la spazzatura migliora la sua sostanza, resiste al tempo, alle intemperie, a fermentazioni e combustioni. E’ una fortezza di rimasugli indistruttibili che circonda Leonia, la sovrasta da ogni lato come un acrocoro di montagne.
Il risultato è questo: che più Leonia espelle roba, più ne accumula; le squame del suo passato si saldano in una corazza che non si può togliere; rinnovandosi ogni giorno la città conserva tutta sé stessa nella sola forma definitiva: quella delle spazzature di ieri che si ammucchiano sulla spazzature dell’altro ieri e di tutti i suoi giorni e anni e lustri.
Il pattume di Leonia, a poco a poco, invaderebbe il mondo, se sullo sterminato immondezzaio non stessero premendo, aldilà dell’estremo crinale, immondezzai di altre città, che anch’esse respingono lontano da se montagne di rifiuti. Forse il mondo intero, oltre i confini di Leonia, è ricoperto da crateri di spazzatura, ognuno con al centro una metropoli in eruzione ininterrotta. I confini tra le città estranee e nemiche sono bastioni infetti in cui i detriti dell’una e dell’altra si puntellano a vicenda, si sovrastano, si mescolano.
Più ne cresce l’altezza, più incombe il pericolo delle frane: basta che un barattolo, un vecchio pneumatico, un fiasco spagliato rotoli dalla parte di Leonia e una valanga di scarpe spaiate, calendari di anni trascorsi, fiori secchi, sommergerà la città del proprio passato che invano tentava di respingere, mescolato con quelle delle città limitrofe, finalmente monde: un cataclisma spianerà la sordida catena montuosa, cancellerà ogni traccia della metropoli sempre vestita a nuovo. Già dalle città vicine sono pronti con i rulli compressori per spianare il suolo, estendersi nel nuovo territorio, ingrandire se stesse, allontanare i nuovi immondezzai.

tratto da Le città invisibili di Italo Calvino.

9 Comments:

At 4:49 PM, Anonymous Anonimo said...

Che meraviglia, Calvino, grazie Luke .

Visto che attualità, il vecchio Italo?.

Le città invisibili è un libro difficile, ma è poesia pura.

Raissa però più che Leonia secondo me è una delle metafore più chiare.

I “fili invisibili”, i semplici rapporti tra le persone, i sorrisi, l’amore, la gioia minuta, intesi come soffi di vita in grado di risollevarci, almeno un po’, dai guai di tutti i giorni.

Una specie di carpe diem, ma più intimista e poetico.

E’ cominciato il caldo, e con esso il peggiore e più fastidioso dei suoi effetti collaterali: l’utilizzo a cappella dell’aggettivo “torrido”.

Allora, in italiano, “torrido” si riferisce al caldo secco e asciutto, tipo deserto.

Il contrario del caldo afoso, quello di oggi.

Qualcuno avverta, di grazia, le legioni di “giornalisti” convinte che “caldo torrido” significhi “tanto tanto caldo”.
Vorrei promuovere una raccolta di firme in questo senso.

 
At 4:57 PM, Anonymous Anonimo said...

"Questo libro nasce un pezzetto per volta, a intervalli anche lunghi, come poesie che mettevo sulla carta, seguendo le più varie ispirazioni».
(I. Calvino)

Le città invisibili oscilla fra il racconto filosofico e il fantastico .
Ricordi di viaggi, in gran parte memorie di città visitate, poetiche impressioni di momenti e luoghi .

Variazioni a seconda degli stati d’animo di chi osserva e racconta.

Il materializzarsi su carta di città tristi e contente, città dal cielo stellato e città piene di spazzatura.. genti passioni, linguaggi che si ritrovano cristallizzati sul foglio del diario.


Poi il percorso o meglio gli undici percorsi con le cinquantacinque città tutte con nomi di donna...meraviglia!

Un racconto geniale…bello come il sentir raccontare dalla voce dei marinai che sbarcavano nei porti.

Un po’ il fascino di sherazaad ed il fascino delle storie dei nonni intriso del genio e della sottile intellettualità di Calvino.

Una perla...

Ciao Zio Luca un bacio

 
At 5:00 PM, Anonymous Anonimo said...

Anche io adoro questo libro di Calvino, infatti ci ho messo un po’ a capire come leggerlo.

La prima volta l’ho aperto e cominciato come fosse un romanzo, mi sono perso subito.

Poi ho capito che va preso una città alla volta. Leggere, sentire la bellezza delle parole e delle immagini, mettersi a pensare (ma non necessariamente).
E’ una specie di diario di viaggio, per questo è giusto l’accostamente di Manuela coi marinai che raccontano.

Calvino era sempre in viaggio dentro se stesso, in effetti, come ogni scrittore dopotutto.

 
At 11:27 AM, Anonymous Anonimo said...

Forse forse il mallinza con questa meravigliosa pagina di calvino voleva farvi un sincretismo con la questione rifiuti?????

Vi devo proprio dire tutto...

Ora non ho tempo ma tornerò con la mia analisi destrutturata a breve.

Auguri zio Mallinza

 
At 11:28 AM, Anonymous Anonimo said...

loziodibari e Manu come i pagliacci banana e polpetta

 
At 11:31 AM, Anonymous Anonimo said...

Assafaramaronn!
Se ne è andato il grande Sidney Pollack e in questo blog necroforo non si fa l'inevitabile coccodrillo?

come si può dimenticare

"Corvo rosso non avrai il mio scalpo"

Campo lungo, cavalli nella neve e dialogo prossimo.

-Come và la guerra?.
.
-Quale guerra?.
.-
Quella contro l’imperatore del Messico.
.
-…ma è finita…da tempo.
.
-
Ah!

 
At 11:33 AM, Anonymous Anonimo said...

famelico come uno squalo, digrigno furente!!

 
At 11:37 AM, Anonymous Anonimo said...

Ehi comunistelli da strapazzo,
Di solito quello che state leggendo non frega un kaiser a nessuno, è tutta na finzione finto intellettual-conformista, ma tant’è , sto leggendo Ore Giapponesi di Fosco Marainai, grande uomo, grande italiano, a lui dovrebbero asseganre il nome della vie di Roma, e non a Craxi o a Berlinguer, non è per questo esercizio intellettuale mi sento superiore a voi , in verita mi sento superiore a voi a prescindere.

 
At 4:49 PM, Anonymous Anonimo said...

Bruno ma non eri stato colpito da un prolasso anale?
mi era giunta la voce che andando in giro a far turismo sessuale in cambogia ti fossi seduto su una bomba a grappolo con relativa esplosione deretanica...peccato sei ancora qui a postar cazzate.

 

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